lunedì 8 maggio 2017

BUONISMO CLERICALE

Rosa Elisa Giangoia

Anche se il papa si tiene fuori per quanto riguarda la politica italiana, lasciando, come abbiamo visto recentemente, alla CEI e al suo giornale le aperture nei confronti del M5S, ha voluto dire qualcosa sull’acceso dibattito tra i candidati alla presidenza della repubblica in Francia e, per non essere accusato d'ingerenza nelle questioni politiche  del paese, cosa che, come prevede la Gaudium et Spes, dovrebbe essere lasciata ai laici, ha premesso, parlando ai giovani, che avrebbe fatto una considerazione «non da Papa ma come una persona che ha sentito cosa è successo in un dialogo televisivo pre-elettorale»: strana questa situazione di uscire dall’essere papa per riservarsi una possibilità da “semplice” uomo… E poi si è chiesto: «dove era il dialogo lì? - riferendosi allo scontro in tv fra Marine Le Pen ed Emmanuel Macron in vista delle presidenziali francesi -. Si buttavano pietre, non si lasciava finire l'altro, parole forti. Ma se ad un livello così alto si arriva a non sapere dialogare, la sfida al dialogo diventa grande. È più facile insultare, distruggere. No, no, ascoltare con mitezza e rispetto».
A parte la conoscenza ‘indiretta’, a prima vista sembra un’osservazione analoga a quella di  Fra’ Cristoforo a pranzo da don Rodrigo nei Promessi  Sposi,  allorché sostiene : «il mio debol parere sarebbe che non vi fossero né sfide, né portatori, né bastonate» cui il conte Attilio risponde: «si vede che non conosce il mondo…».
In realtà il Manzoni, con la risposta di fra’ Cristoforo, vuol uscire dalla logica della violenza per risolvere le controversie in modo pacifico, ragionevole, ma si tratta di un auspicio!
Invece il papa sembra ipotizzare che sia normale che due nemici si parlino tranquillamente e si ascoltino. La Le Pen, nel dibattito televisivo con 16 milioni di spettatori, ha iniziato il discorso insultando l’avversario e poi gli ha persino detto che avvilisce il corpo di una donna, sua moglie, ipotizzando una presunta relazione omosessuale… a cui Macron avrebbe potuto rispondere con la stessa logica che la Le Pen ha rapporti incestuosi, cioè accuse senza prove… Secondo il papa, Macron non avrebbe dovuto rispondere per le rime per ristabilire la giustizia, smascherando la calunnia e la malafede dell’avversaria? Invece la linea sembra essere: hanno torto tutti e due.
Si mette tra parentesi tutto, ormai, mentre il male è in noi, ad ogni istante e non lo si vince come pensavano Rousseau o Kant, con la sola ragione. Il papa fa il peana della famiglia, ma ci sono moltissime famiglie dove regna la violenza, dove non c’è rispetto per l’altro. L’amore della madre per i figli è diffuso, ma non è scontato: molte madri vedono nel figlio un ostacolo, se non oggetto di sfruttamento. E allora? Vuol dire che la famiglia è un traguardo come tutto nella vita, non un punto di partenza scontato: Bergoglio è stato amato da sua madre? Buon per lui, ma non è così per tutti e non se ne può fare una regola naturale… Lo scacco, la croce, la trascendenza è anche qui.
La riflessione  torna sulla legittima difesa – da non confondere con la libertà di sparare alla Salvini…- di fronte alla violenza: deve esser proporzionata, deve rispondere ad un’offesa e deve mirare a ristabilire, a reintegrare la giustizia, come insegna Aristotele nell’Etica dedicata al figlio Nicomaco.
Alzare gli occhi al cielo non vuol dire facile irenismo: “volemoce bene”, per intendersi… Quel che si perde con questo approccio è la dimensione del mistero. Chi ha peccato? Lui i suoi genitori? Chiedono gli apostoli a Cristo? Né lui né i suoi genitori, ma perché si manifesti la gloria di Dio. Mistero fitto, altro che spiegazioni buoniste!
Oggi, certo, lo scontro tra le nazioni può salire al massimo livello distruttivo, perché l’uomo si è dotato di armi di distruzione di massa, quelle armi che hanno mantenuto la forte tensione degli anni della “guerra fredda” senza scontri armati, per la consapevolezza, da parte di entrambi i contendenti, USA e URRS, che da uno scontro nucleare nessuno sarebbe uscito vincitore. Bisogna quindi auspicare che questa consapevolezza ritorni a guidare le decisioni di chi ha in mano armi potentissime: le scoperte della scienza e della tecniche sono in sé neutre, è la coscienza degli uomini che può e deve decidere se utilizzarle per il bene o per il male, per cui il discorso ritorna alla centralità della coscienza umana e alla sua corretta formazione  secondo una consapevolezza etica per il bene dell’umanità tutta. La “madre” di tutto è la coscienza che deve saper decidere sulla “madre” di tutte le bombe e in ogni altra situazione.