Carlo Biancheri
La settimana trascorsa non è stata senza conseguenze per il mondo e per il
nostro quotidiano per cui merita una riflessione.
Innanzitutto, il terremoto nel
cuore del nostro paese che sembra non abbandonarci e che crea un senso
d’incertezza e d’impotenza. Come suonano superficiali e costruite le parole del
vescovo di Rieti quando afferma che le cause dei crolli – e delle vittime… - per
il terremoto sono le colpe degli uomini, non un Act of God , come si
esprimono i giuristi di Common Law per descrivere un evento
imprevedibile, fuori della portata umana e quindi… (per loro) contrattuale... Un
terremoto insieme ad un freddo polare - pare determinato dal riscaldamento
globale che ci costringe ormai, dopo aver cancellato primavera ed autunno, a
climi estremi – e ad una nevicata eccezionale. Come corollario, la tragedia in
Abbruzzo che mostra tanta generosità spontanea ed abnegazione, insieme a tutte
le nostre incapacità, in primis, quella di decidere in tempo, di
prevenire, di evitare di trincerarsi dietro il rispetto delle procedure, spesso
redatte da incapaci. Leggi fatte male, artatamente – grazie anche al contributo
dell’opposizione e in particolare degli adepti di Scientology ed affini con i
loro emendamenti solitamente infantili e privi di ponderazione e competenza - e
mancati controlli sono una costante di questo paese: chi esercita una funzione
pubblica non paga quasi mai per i suoi errori, basti vedere quel che succede a
Roma adesso: ’scusate’, ’dateci tempo’, ’stiamo lavorando’… e la vita continua,
ma … male, in città.
Trump si è insediato come
presidente negli Stati Uniti con un discorso rozzo, di sfida. Non si riesce a
scorgere l’umanità in quest’uomo aggressivo che sprizza squilibrio, furbizia,
animalità, voglia di comando; appare del tutto inautentico come quella sua
terza moglie, enigma sloveno, catapultata dal paesino a New York City: il cuore
dov’è? Ha imparato a dire di essere ‘proud’ come First Lady del
Commander in Chief, così si è espressa alle Forze Armate americane… e lì
finisce.
Viene dopo Obama, un professore
che come molti di loro teorizza, discetta, parla, parla, ma non della vita
reale, di ipotesi, di interpretazioni, sovente errate… In politica estera un
disastro, ’fischi per fiaschi’, in molti scacchieri: Medio Oriente, Turchia,
Africa, Afganistan, Russia, Europa dell’Est; in generale sul problema islamista.
Approfittando del peso del paese è riuscito a farlo riprendere, inondandolo di
liquidità, ricreando posti di lavoro e ripristinando la crescita del PIL, ma le
retribuzioni hanno perso potere di acquisto e molti lavori sono precari. Per la
verità, pochi sanno che,paradossalmente, i
repubblicani americani, quelli tradizionali, nei controlli soprattutto in
materia finanziaria, sono più rigorosi dei democratici forse perché eredi delle
tradizioni puritane. La crisi finanziaria mondiale del 2008, che si è
trasformata in quella economica, è stata provocata da molti fattori ma anche favorita dalle decisioni della Presidenza Clinton che ha cominciato
a smantellare la vigilanza della
SEC sulla
borsa ( anche della
CFTC,restringendone l’ambito di
sorveglianza,organo già presieduto
dalla
moglie del famoso Senatore Gramm, Wendy) nominando un
finanziatore di Clinton stesso, plutocrate, Arthur Levitt jr. come presidente.
Costui, con il presidente di allora della FSA inglese, Howard Davies, poi
cacciato da Presidente della London School of Economics per aver
accettato finanziamenti da Gheddafi che aveva mandato il figlio a studiare lì,
diciamo così…, patrocinava e divulgava l’auto-regolamentazione dei mercati
finanziari: regulation by principles era il leit motiv degli amici
inglesi e sotto Levitt si controllava poco e si sanzionava con parsimonia... Il
mercato, in realtà, era una giungla, dove naturalmente tutti sono ‘fratelli’,
cioè incappucciati, ma si doveva autoregolamentare con le Self
Regulatory Organizations. Bush jr., un ex alcolizzato dipendente dalla
moglie,infischiandosene della linea dei
repubblicani tradizionali, completò il quadro
scegliendo
presidenti della SEC dei membri del Congresso,in paleseconflitto col principio di
indipendenza, e smantellando il
Glass-Steagall Act, approvato dopo la crisi del 1929,che separava le banche
d’affari che operavano in borsa (o meglio le Securities firms) dalle
banche commerciali che raccoglievano i depositi. Era il tempo della teoria della
raccolta all’ingrosso per le banche, prescindendo, cioè, dagli impieghi (la
distinzione tra credito a breve termine e lungo termine veniva meno anche da
noi…), e andava di pari passo con la teoria della banca universale che avrebbe
reso i controlli pubblici impossibili. Basilea (il Comitato/Club da dove viene
la famosa M.me Nouy che tanto ama l’Italia…) diede un contributo non da poco con
l’introduzione del risk model approach , poi recepito dalla legislazione
europea, cioè un modello di rischio predisposto dai vigilati che doveva esser
approvato dai controllori col risultato che nessuno lo capiva, vigilanti
inclusi… I modelli di rischio in questione dovevano in qualche modo sostitutire
i ratios di capitale (ad esempio, per le banche, il famoso 8% e cioè il
c.d. solvency ratio) erano già
applicati,prima della loro formale entrata in vigore, dalle grandi banche in
certi paesi e hanno funzionato così bene da
portare al fallimento l’intero sistema bancario inglese, poi salvato e
riprivatizzato, i principali istituti di Mortgage (gli erogatori di mutui
, per intenderci) americani, Leehman Brothers… ecc., ecc. Nella UE dove tutti
dicono adesso che c’è una leadership della Commissione (e del Consiglio
aggiungiamo noi, col polacco Tusk…) del tutto inadeguata – non ci si scordi che
il lussemburghese Juncker viene da un granducato da operetta, paradiso fiscale…
con cinquecentomila abitanti, residenti esteri inclusi… - per decenni la parola
d’ordine, dettata da Think Tank di iniziati del tipo di CEPS a Bruxelles e
su ordine dell’industria finanziaria, specie statunitense ma con base a Londra,
è stata la liberalizzazione, la lotta alla regolamentazione burocratica e cioè,
ancora una volta, la diffusione
dell’auto-regolamentazione. Tutto questo si è
tradotto in una legislazione farraginosa della UE sui servizi finanziari
che non si capisce bene se protegga di più i consumatori o l’industria
finanziaria. Né erano indenni da questo approccio iniziatico, che ha
clamorosamente fallito, l’OCSE con i suoi codici di liberalizzazione dei
movimenti di capitale e delle transazioni invisibili correnti, e l’OMC,
l’organizzazione mondiale del commercio.
Dove sta l’errore? La libertà di
circolazione di merci, capitali e di servizi nel mondo è un bene e può essere
fattore di ricchezza, ma non deve essere ‘dopata’ dai paesi partecipanti, messi
sullo stesso piano, prescindendo da costi regolamentari interni cui sono
sottoposti gli operatori e dalla legislazione, né deve esser disegnata in modo
da avvantaggiare solo i pesci grossi, si tratti di Stati o di imprese. Un
bene o un servizio costerà certo di meno in un paese dove i salari sono risibili, non esistono le pensioni né il servizio
sanitario pubblico, o dove non ci sono costi ‘regolamentari’, dove, cioè, i
bilanci delle società sono soggetti a controlli fasulli… ecc. ; paesi strutturati così debbono essere considerati
sullo stesso piano di quelli più sviluppati? Cui prodest? Le famose
multinazionali…Va detto anche che,
in caso di
contenzioso cioè di arbitrato, paesi come il nostro sono soccombenti perché privi
dell’expertise internazionale necessaria su quei tavoli.
La risposta di Trump con il
protezionismo è sbagliata, perché, se si costruiscono barriere tariffarie, i
prezzi per i consumatori americani aumenteranno in un contesto in cui la
produzione è già organizzata su scala globale. Addirittura comica ci pare
l’aspirazione della Sig.ra Forse (Theresa May-be…) di fare del Regno poco unito
un global player mondiale: vendendo thé,biscotti o maglie di
cachemire? Difficile uno sviluppo dei servizi sulla piazza finanziaria di
Londra senza il passaporto e la partecipazione al mercato interno europeo: il
tempo chiarirà… e intanto la sterlina è scesa parecchio.
Quel che è mancato negli anni è
stata una semplice considerazione: la liberalizzazione può esser fatta solo
senza imbrogli, in modo equo e cioè con regole giuste e controlli imparziali, ma
questa forse è una ricetta per un altro pianeta…