lunedì 21 luglio 2014

LETTERA AL sig. PERSEGANI Rosa Elisa Giangoia

È stato molto piacevole ed interessante scoprire (casualmente!) quanto il signor Italo Persegani, nostro fallower, scrive a proposito di questo blog sul suo (IL GUAZZABUGLIO 3 maggio 2014). Innanzitutto perché il sig. Persegani è indubbiamente una persona molto perspicace: ha subito capito che io sono un’insegnante di Lettere (in pensione, per la precisione). Cosa notevole, però, è che il sig. Persegani ci segue (con attenzione) dalla Francia, quindi filtra un po’ d’Italia attraverso di noi, ma soprattutto è sostanzialmente d’accordo con le nostre idee e prese di posizione, e questo è davvero molto importante. Ora il sig. Persegani rileva (giustamente) che nei nostri post noi facciamo un uso (forse persino un po’ eccessivo) di citazioni letterarie e su questo vorrei dire due parole di spiegazione. Non lo facciamo certo per sfoggio di cultura: ben lungi da noi la curiositas che Agostino d’Ippona rimprovera a tanti suoi contemporanei! Ci serviamo sovente di citazioni perché ci sono certe cose che non si potrebbero assolutamente dire meglio di come le ha dette un certo autore con quelle determinate parole e quindi diventa una scelta di efficacia espressiva quella di riprendere quelle parole di quel determinato autore, altre volte invece riprendiamo certi testi perché ci sono non delle parole, ma delle idee che sono state formulate da quel determinato autore che vogliamo con forza riaffermare e comunicare, sperando di convincere e di coinvolgere. In questo secondo caso ci serviamo in verità di pochi autori e penso che si sia capito… Aristotele, Manzoni e pochi altri, perché quelli sono per noi “i giganti” sulle cui spalle noi nanetti ci vorremmo mettere per guardare avanti e proseguire nella vita (nostra e altrui) nel modo migliore, nella chiara consapevolezza che la cultura non è il mare magnum del sapere in cui si nuota a caso (e magari si annega!), ma è una scelta precisa di linea di pensiero che possa servire per acquisire saggezza, cioè un sapere utile a vivere. Questo vuol dire avere un bagaglio che serva per orientarsi, per scegliere, per decidere per il meglio (per sé e per gli altri) in ogni occasione… Per noi questo bagaglio vuol dire avere consapevolezza che l’uomo per essere tale deve ricostruire pienamente l’umano, deve avere chiaro che ogni azione deve mirare alla realizzazione della sua vera natura che è l’essere veramente uomo, in pienezza e totalità, senza disordine mentale, interiore e spirituale, senza cadute nella vacuità, nella falsità e nella superficialità, privilegiando l’interiorità sull’esteriorità… Questo perché siamo convinti che se ciascun uomo avesse la piena consapevolezza e la chiara convinzione della totale realizzazione della propria humanitas, poi di volta in volta, nella contingenza e nella casualità del quotidiano, tutto si risolverebbe meglio. Grazie comunque, sig. Persegani, per l’attenzione, sperando che continui a leggerci e magari a dialogare con noi.