lunedì 29 agosto 2011

LA GRANDE MALATA

Rosa Elisa Giangoia

La grande malata in Italia è la scuola, ma, per capire la grave situazione in cui si trova, bisogna andare indietro di circa quarant’anni, quando è stata investita dall’ondata di richiesta d’istruzione superiore da parte di una sempre più ampia parte della popolazione giovanile. In questo momento era necessario un enorme sforzo di  innovazione culturale, pedagogica e didattica, nonché una grande progettualità organizzativa. Il passare da una scuola classista, selettiva e d'élite ad una scuola di massa, capace di fornire a tutti una cultura generale e nello stesso tempo competenze professionali, con possibilità per tutti di accedere agli studi universitari di qualunque tipo, era senz'altro un progetto complesso e molto ambizioso, soprattutto  senza modelli, né precedenti storici, per cui richiedeva un ripensamento generale dell'istruzione a tutti i livelli. Questo purtroppo non è avvenuto.  Sono state attuate solo e sempre piccole modifiche e innovazioni parziali, sovente di carattere demagogico, in particolare la liberalizzazione degli accessi alle facoltà universitarie con provenienza da qualunque tipo di scuola superiore, che ha provocato difficoltà negli studi e frequenti abbandoni, situazioni che l’introduzione dei successivi test d’ingresso ad alcune facoltà non ha certo risolto, anche per il modo in cui sono organizzati.  Accanto ai modesti cambiamenti, è stata messa in atto tutta una serie di sperimentazioni, mai verificate, mandate avanti per inerzia, nel disinteresse dei vari ministri che si succedevano al dicastero, senza un progetto pedagogico, educativo e didattico globale. E' stato messo profondamente in discussione il nozionismo, senza riuscire a costruire modalità e percorsi diversi in grado di formare davvero autonomia di giudizio e capacità critiche, al di là del possesso saldo di conoscenze e dell’ acquisizione dei testi della tradizione culturale. A questa complessa riorganizzazione dell’offerta formativa doveva provvedere lo Stato, che ormai, dopo l’unità d’Italia, si era fatto carico dell’istruzione del paese, rendendo marginale l’apporto di altre agenzie educative che storicamente avevano avuto un grande peso, come era stato per alcuni ordini religiosi, Gesuiti in primis. Ma con il conferimento del valore legale ai titoli di studio, lo Stato aveva progressivamente avocato a sé l’organizzazione dell’istruzione del paese, in quanto anche gli altri avevano dovuto uniformarsi al modello proposto dallo Stato. Ma quando l’organizzazione gentiliana della scuola italiana è stata investita dalla richiesta di scolarizzazione di massa, lo Stato non è stato in grado di far fronte alla situazione in modo adeguato ed ora, appunto a quarant’anni di distanza, si possono fare un esame ed un bilancio della situazione. Cosa è successo? Innanzitutto con la scuola media unica, diventata scuola dell’obbligo, già si era abbassato il livello di conoscenze, competenze ed abilità rispetto a chi precedentemente aveva frequentato la vecchia scuola media, e nel contempo erano state del tutto eliminate le competenze professionalizzanti che le precedenti scuole commerciali e di avviamento professionale fornivano ad una parte consistente dei  ragazzi con la possibilità di un rapido inserimento nel mondo del lavoro. Ma anche quando la massa giovanile ha iniziato ad iscriversi sempre più numerosa alle scuole medie superiori, salvo pochissime modifiche strettamente necessarie, come quelle inerenti l’insegnamento del Latino in IV ginnasio, si è conservato per parecchi anni il sostanziale impianto gentiliano.  In questo ampio e generalizzato accesso all’istruzione le preferenze sono andate polarizzandosi verso il liceo scientifico, che è diventato di fatto una sorta di liceo “moderno”, gradito per la maggior attenzione riservata alle materie scientifiche, tra le quali è andata sempre più affermandosi la Biologia, e alle lingue straniere. Il liceo classico è cresciuto di poco, mentre in una prima fase hanno avuto un forte aumento gli istituti tecnici commerciali e industriali e quelli professionali, per subire progressivamente una flessione con una sempre più ampia frequentazione da parte dei figli degli immigrati, in concomitanza con l’aumentare del fenomeno migratorio verso il nostro paese. In questo modo gli istituti tecnici e professionali, invece di continuare ad essere canali di buona formazione tecnica con la trasmissione di una cultura generale e di competenze ben spendibili sul mercato del lavoro, anche per i collegamenti che vi erano con l’industria, hanno finito per diventare di fatto scuole superiori di serie B, in cui devono essere fronteggiati soprattutto problemi di carattere sociale, con la conseguenza che l'apprendimento è limitato, per cui l’inserimento nel mondo del lavoro sempre più problematico. Tutto questo anche perché non è stato fatto nessun progetto pedagogico e didattico per gli immigrati a livello nazionale, lasciando di volta in volta la soluzione dei problemi alle singole scuole con risorse economiche sempre più limitate. Se aperture culturali e innovazioni metodologiche e didattiche sono entrate nella scuola il merito va tutto all’editoria scolastica, che, soprattutto negli anni Settanta, si è fortemente impegnata in operazioni di introduzione delle novità culturali, in tutti i campi, nella didattica, anche se non sempre supportata dalla fiducia degli insegnanti, ragion per cui successivamente anche in quest’abito c’è stato un forte ripiegamento verso la tradizione e la semplificazione.
L’elemento rilevante è che, anche nei licei, si è venuta progressivamente instaurando di fatto una facilitazione degli studi, di tipo demagogico, con una tacita riduzione dei programmi ed uno scadimento della qualità dell’apprendimento, in quanto l'ampliamento generalizzato dell'utenza scolastica non consentiva più di operare selezioni in base a criteri che potevano essere attuati e accettati solo in una scuola elitaria. Nonostante questo, le difficoltà da parte dell’utenza giovanile sono venute sempre più aumentando, con esiti scolastici ampiamente deludenti. A questo punto è stata messa in atto la quanto mai deleteria teoria del “debiti”, in base alla quale, anche con l’insufficienza in più materie (importanti e d’indirizzo) si andava avanti comunque, fino ad arrivare all’esame di maturità, che nella maggior parte dei casi, avendo avuto per parecchi anni una normativa fortemente demagogica, come quella di essere interrogati su due sole materie (per lo più scelte dallo stesso candidato), veniva superato. Ad un cero punto, di fronte al sempre più ampio dilagare dell’impreparazione, nel tentativo di ovviare a questa situazione, si è teoricamente introdotto il principio del recupero e del sostegno all'interno della scuola stessa,  secondo cui la scuola deve al suo interno farsi carico di sostenere e di recuperare gli studenti che dimostrino difficoltà e carenze nell’acquisizione delle conoscenze e delle competenze. Principio di per sé corretto e importante, ma che richiedeva ben altri mezzi finanziari di quelli messi in campo e ben altro rigore nell'attuazione.  Fino ad arrivare alla situazione attuale in cui, davanti a indicatori di ritardo, dispersione, dissipazione allarmanti,  nessuno muove un dito (se non per tagliare le risorse destinate alla scuola) al fine di rispondere significativamente dal punto di vista della scuola a queste necessità. L’attuale Ministro Gelmini, che non continua a far altro che danni nella scuola, non ha assolutamente preso in considerazione la questione.
A dequalificare la scuola ha contribuito e continua sempre più a contribuire il peggioramento delle condizioni degli insegnanti. Ad un’ondata di entusiasmo, con progetti e innovazioni, messa in atto da una generazione di insegnanti giovani negli anni Settanta, sull’onda lunga delle posizioni di don Milani, che hanno cercato di scalzare le “vestali della scuola”, madri di famiglia carducciane, imprestate a tempo molto parziale alla scuola, è succeduta una ormai lunga generazione di insegnanti sempre meno preparati culturalmente e meno motivati.  Altro che le figure di grandi maestri, come Augusto Monti, ai tempi di Pavese! Occorre rilevare che gli insegnanti italiani sono tra i meno pagati in Europa e nello stesso tempo, anche per questo, hanno perso considerazione sociale e diminuito le motivazioni professionali, soprattutto in una situazione come quella degli ultimi cinque-sei anni in cui le condizioni di lavoro (orari, numero degli studenti, carichi di lavoro, ecc.) sono notevolmente peggiorate senza una significativa contropartita salariale. A questo si aggiunge l’endemica condizione di precariato, ulteriormente aggravata dalla mancanza di criteri validi per l’assunzione in ruolo. Aboliti i concorsi a cattedre, che almeno operavano una selezione di tipo culturale, archiviata, senza motivazioni e verifiche, l’esperienza delle SSIS, ci troviamo attualmente in un vuoto normativo che vede l’immissione in ruolo unicamente sulla base di graduatorie in cui determinante è l’anzianità di servizio, a cui si aggiungono titoli acquisiti a pagamento soprattutto presso istituzioni culturali molto discutibili e la cui serietà è sovente stata messa in discussione.
Dobbiamo inoltre sottolineare quella che potremmo chiamare la solitudine della scuola. Infatti, mentre in passato esistevano altre agenzie educative di rilievo, indubbiamente di grande importanza la Chiesa con il suo tessuto delle parrocchie e il capillare associazionismo giovanile, e meno diffuse le scuole di partito (pionieri, ecc.), capaci di fornire orientamenti e chiavi di lettura della realtà, da vent'anni a questa parte la scuola si trova a dover fronteggiare, senza nessun aiuto, neppure quello delle famiglie, l'assalto diseducativo delle TV, a cui molto spesso gli stessi genitori delegano funzioni di intrattenimento-educazione dei bambini e dei ragazzi. Le conseguenze sono, da parte dei giovani, il disinteresse per la "cosa pubblica", l'individualismo, la falsa scala dei valori, fortemente legata al consumismo, il seguire modelli sbagliati, imposti dal divismo televisivo, ecc.
Per tutte queste ragioni ci ritroviamo con l'attuale ampia fascia dei diciotto-ventenni sempre meno istruiti a livello di conoscenze e competenze, meno criticamente scaltriti e, se avviati agli studi universitari, destinati ad una preparazione tecnico-scientifica sempre più settorialmente ristretta, il che diminuisce ulteriormente la capacità di valutazione della realtà nel suo insieme.
Da questo stato di cose deriva il quietismo, l’acquiescenza che i giovani d’oggi dimostrano nei confronti della grave situazione in cui si trovano a vivere, con la più elevata percentuale di disoccupazione giovanile in Europa, con un alto tasso di lavoro precario, con difficoltà a crearsi un’autonomia personale e famigliare, con prospettive a lungo termine piuttosto inquietanti per quanto riguarda aspetti importanti del loro futuro (occupazione stabile, pensioni, ecc.).  I problemi veri della loro generazione sembrano, però, lontani dal loro orizzonte, dalla loro presa di coscienza, a consolarli pare basti un cellulare ultimo tipo (magari regalato dai genitori, dagli zii o dai nonni, che con le loro pensioni sovente riescono a tamponare situazioni difficili) o un televisore ad alta definizione per vedere meglio la partita della squadra del cuore! Questo è quello che voleva e che è riuscita ad ottenere la casta al potere, anche perché la sinistra non ha saputo dare prima un indirizzo corretto alla scuola e poi non ha fatto nulla per contrastare ed impedire l’orientamento prevalente. Il fatto che nessuno tenga seriamente in considerazione che la scuola è il futuro della società fa emergere chiaramente l’atavico cinismo italico, già denunciato da Machiavelli e Guicciardini, a causa del quale non ci si preoccupa affatto del bene comune, ma si guarda solo al tornaconto individuale immediato.




domenica 21 agosto 2011

IN CHE MANI SIAMO...

Carlo Biancheri


Più volte i lettori del blog si sono chiesti in che mani siamo..., chi ci governa... ed è gran tempo di formulare qualche riflessione sul punto.
Per esprimere la nostra valutazione, intendiamo prendere in considerazione chi ha un qualche peso nella vita pubblica del Paese e, quindi, innanzitutto il Governo, la rappresentanza parlamentare, opposizione inclusa, le istituzioni sopranazionali come l'UE e la Chiesa cattolica.

I nostri governanti
L'economista  Roubini in un'intervista per il “Washington Post” e “Repubblica” (19 Agosto c.a.) ad una domanda riguardante la crisi economica in atto del tipo: Ma in tutto ciò dove sono i saggi dell'economia?... Oggi chi c'è? così risponde: “...i Paesi economicamente più avanzati hanno Governi deboli... Negli Stati periferici dell'Eurozona i Governi minoritari di Portogallo e Spagna potrebbero finire per perdere l'accesso ai mercati. In Italia c'è un buffone come Silvio Berlusconi...”.
E tanto basti. Buffone, perché?
Per le scelte compiute in circa diciassette anni di partecipazione alla vita pubblica tutte rivolte al suo personale tornaconto e non certo al bene del Paese; per gli scandali, le chiacchere inconcludenti; per la perenne vacuità delle proposte quando formulate, spesso smentite a breve distanza ('sono stato frainteso'...); per gli interventi circensi in sede internazionale del tutto privi di valore aggiunto (anzi indecorosi per il Paese nelle forme, più consone ad un ambiente da balera...), non fondati sulla necessaria conoscenza degli argomenti in discussione. L'esito è visibile: persino in ambito UE siamo considerati meno della Spagna, paese  più piccolo del nostro, in termini di importanza economica. Vale per lui, vale per i Ministri del suo Governo. Giusto a mo’ d'esempio, sono famose a Bruxelles le filippiche del tributarista Tremonti sulla filosofia del libero scambio per nulla conferenti con i punti dell'ordine del giorno dei Ministri Ecofin. Nella filosofia 'piduista', dove l'organizzazione è fortemente strutturata e gli adepti controllati, ciò che è fondamentale è il rispetto maniacale delle  procedure..., a tutto scapito dei contenuti, naturalmente. Il popolo dei  libertini (...) si guarda bene dall'assumere iniziative ma si impegna a seguire le regole del Capo. Un quadro che ricorda il ben noto ' Duce, conduci'...
E che dire del Bossi che ha completamente sganciato il linguaggio dal reale, dalla corrispondenza tra parole e cose? Non come D'Annunzio o Marinetti... ma in un soliloquio degradante di difficile comprensione, data la malattia, condito di parolacce ed insulti (da ultimo 'nano veneziano' o 'stronzo'...) destinato ad un elettorato che si è stancato delle chiacchere da Bar Sport perché la situazione si fa sempre più dura (senza riferimenti alle durezze più volte proclamate dal Bossi stesso). E il dentista Calderoli? Come fa ad avventurarsi in questioni complesse come la semplificazione normativa o la crisi economica...? Parla di pensioni, di tagli su quale base? Uno che per anni si è dedicato alla medicina e ai denti, i primi rudimenti di Economia e Diritto quando li ha appresi? Alle scuole serali? E potremmo continuare così, col già responsabile dei giovani Lombardiani, Cicchitto, nell'allora PSI, la posizione più a sinistra, convertito dal succitato Conducator nella Loggia P2 o l'ex radicale Quagliariello, tuttologo, esperto di De Gaulle (!) ma divenuto sostenitore dei valori non negoziabili (che vuol dire... non quotati in borsa?) insieme agli atei devoti.
Una commedia all'italiana o forse un circo alla Fellini con 'nani e ballerine'..., come si diceva al tempo di Craxi. Appunto Craxi, la telenovela nasce lì.
Era un ausiliare di Nenni, certo non preparato come De Martino o Lombardi nel PSI. Tirò fuori Garibaldi, forse in un revival massonico, ed ebbe l'idea di combattere la 'balena bianca' (leggi DC) con i suoi stessi mezzi, vale a dire la corruzione ed il nepotismo, ma in modo molto più spregiudicato, se possibile... Da Presidente del Consiglio favorì gli 'amici', tra cui l'ex cantante sulle navi da crociera che poté avere le sue frequenze su Canale 5, da dove inondò gli italiani dei film porcheria del magazzino MGM, rilevato a seguito dello scandalo Parretti/Crédit Lyonnais, premessa per la politica spettacolo, di tipo piazzistico: 'paghi due, prendi tre...'. Sempre in era craxiana, ci fu anche BNL Atlanta, allora era presidente Cantoni, ora Pdl... E 'Tangentopoli'...: fine della storia. Gli orfani del Craxi e di Gelli si ritrovarono come un sol uomo alla creazione di Forza Italia: furono bravissimi a conciarla per le feste, l'Italia.
Adesso, tutta questa gente non sa che pesci prendere perché è travolta dai mercati finanziari ogni mattina e con loro noi... Eppure non cedono: basta vedere la sicumera del giovane avvocato Alfano, beddu di mamma, che serissimamente disquisisce su possibili mediazioni con la Lega (dei...) sulle pensioni piuttosto che sui tagli agli enti locali o sull'aumento di un punto dell'IVA che potrebbe avere effetti recessivi: è esattamente come se voi vi sedeste sulla poltrona del dentista o nello studio di un chirurgo e veniste a conoscenza che colui che deve curarvi si è occupato fino al giorno prima di idraulica... In queste mani siamo... Chi li ha votati?

...e la rappresentanza parlamentare
Se il Governo non va bene almeno in Parlamento avremo degni rappresentanti che ovvieranno alle sue deficienze.
Sembra che Scilipuoti, Straquadanio o uno con piglio  intellettuale... come Gasparri corrispondano alla media 'statura' degli eletti/cooptati. Né c'è da brindare con l'opposizione. Il segretario del PD, umore sul dimesso, vola basso e  ha aspettato più di un anno per capire che l'opposizione si fa con le proposte, le sole in grado di svelare l'inconsistenza altrui. L'economia affidata ad un perenne 'assistente' (di Andreatta...) Letta, che non sembra prenderci molto e che non conosce affatto i mercati finanziari. La Bindi, di professione cattolica (ma non può mica esser un piedistallo!) che sembra limitare le proposte alla correttezza personale o al metodo... (Cartesio va alla grande... con le sue false geometrie). Degli altri non facciamo menzione perché il difensore delle famiglie Casini (gli piacciono perché ne ha più d'una), doroteo da sempre... cioè pronto a mediare anche con Mefistofele, non si sa come la pensi: è disposto anche a sostenere le proposte ragionevoli (?) del Conducator; né Di Pietro  (Scilipuoti non lo aveva scelto lui?), novello barone di Munchausen, con scarsissime proposte.

...le istituzioni sovranazionali
Meno male che c'è la UE, direte, che ci impone  di esser più seri...
Veramente abbiamo, come ha ricordato sulla stampa oggi Prodi, una Commissione indebolita con a capo un portoghese messo lì a bella posta per contar poco e rispondere a Germania e Francia, prima di tutto: si nomina uno di uno Stato piccolo perché non abbia forza sufficiente di proposta e di governo. A seguito del Trattato di Lisbona c'è ora un Presidente del Consiglio Europeo, che dura in carica a lungo, il belga Van Rompuy, ma... ricorda tanto Mr. Bean... e per parlare guarda prima la Merkel e Sarkozy per capire se gli è concesso... Poi c'è Mr. Euro, Junker lussemburghese...: lo sapete che gli abitanti del Lussemburgo sono meno di cinquecentomila, stranieri inclusi? Il sindaco di una media città italiana è come il Granduca...
Della Merkel e Sarkozy abbiamo già parlato. Il loro background di provenienza da un  Paese dell'Est, lo abbiamo già detto in questo blog, costituisce una palla al piede. In questi Paesi occorrerà ancora una generazione per imparare  a rispettare ed interiorizzare il valore della norma e comprendere che i rapporti di ogni tipo (commerciali, professionali, personali) non possono esser esclusivamente basati sulle relazioni. Non hanno chiaro il loro futuro, questi Paesi, sono ancora sotto shock (con l'eccezione, forse, della Polonia...) per il retaggio di sistemi dove bisognava obbedire e basta e dove il proprio destino, programmato e controllato  (i capi caseggiato schedavano tutti) era a rischio ad ogni istante... In Bulgaria ricordo che un interprete professionale mi raccontò che per anni non riusciva a trovare lavoro perché denunciato da suo padre... e non era insolito quanto accaduto a lui... Come volete che la Merkel, pugnalatrice di Kohl che l'aveva creata, abbia una visione europea? Cerca di mediare a livello nazionale nei vari Laender di una Repubblica che è federale sul serio. Forse la serietà della situazione rappresenterà un'opportunità in ambito europeo ma non si vedono leader all'orizzonte del calibro di Schuman, Monnet in grado di gestire.

...e la Chiesa
Si è sempre detto che la Chiesa in Italia ha esercitato un compito di supplenza nei confronti di un potere politico inadeguato. Dopo un trentennio di papi stranieri che si sono disinteressati alla Chiesa italiana, lasciandola alla gestione di un Ruini e facendo largo spazio ai movimenti che rappresentano una frattura, col loro attivismo, con la ricchissima tradizione della Chiesa in Italia, abbiamo al vertice dell'istituzione una gerarchia di burocrati.
Il meeting della GMG di Madrid se manifesta senz'altro un'esigenza ed una ricerca interiore nei giovani è anche carico di ambiguità per la dimensione di effimero e di sensazionale. I giovani intervistati mettevano l'accento sulla contentezza di esser insieme a coetanei di tutto il mondo, come in un qualsiasi altro raduno...
Da Madrid il Presidente della Conferenza episcopale italiana, l'arcivescovo di Genova Bagnasco, ha dato consigli tecnico-politici su come deve articolarsi la manovra del Governo.
Non lo sentiamo parlar spesso del 'Signore poverello', come Lo chiama Francesco piccolino. Ci viene in mente quel personaggio  nel racconto The displaced person della grande Flannery O' Connor che, sentendo parlare di Cristo,  nel contesto di una conversazione, era così imbarazzato come se  gli avessero parlato dei rapporti sessuali di sua madre! Dunque i vescovi italiani ci elargiscono dotti consigli su come devono organizzarsi i cattolici in politica, indicono anche riunioni per ricostituire la DC..., in perfetto contrasto con la Costituzione conciliare Gaudium et Spes che affida ai laici l'animazione delle realtà create e quindi della politica.
Questa reticenza dei Vescovi a trattare di argomenti spirituali che significa? Non se ne intendono? Cambiano argomento?
Non c'è da attendersi molto neppure da questa parte...

...un consiglio
In un contesto serio come quello che attraversiamo ci limitiamo ai consigli della nonna: cominciamo a mettere nei posti chiave almeno persone competenti e in grado di operare nel contesto internazionale senza esser considerati dei buffoni. Non basta ma è una pre-condizione: il fatto di esser eletti non significa che uno debba prendere il posto di uno scienziato se è un ignorante...
Ma... per ottenere questo è necessario che gli attuali sgombrino... E non sarà facile perché il potere si confonde con il loro 'povero' Io.






lunedì 1 agosto 2011

SCAMPATA CATASTROFE SUI MERCATI FINANZIARI INTERNAZIONALI


Carlo Biancheri

Sembra che  il mondo non  sarà costretto   ad affrontare  un'altra crisi finanziaria dai risvolti imprevedibili a seguito del primo default nella storia degli Stati Uniti d'America per l'impossibilità del Governo federale di far fronte ai suoi impegni finanziari. E' noto che il Governo federale non può aumentare il livello del debito pubblico, senza l'accordo di Congresso e Senato e un mancato accordo provocherebbe  conseguenze catastrofiche su tutti i mercati finanziari mondiali, tenuto conto dell'internazionalizzazione dei  mercati stessi. Va ricordato che nel preambolo alle Memorie di Adriano, Marguerite Yourcenar sostiene che non sarebbe stata attratta da Adriano se questi non si fosse interessato all'economia, la vita quotidiana della gente...: il nostro destino, appunto, in mano ai nuovi imperatori. Obama non somiglia neppure lontanamente ad Adriano... che cercava la 'mediazione' tra popoli e culture diverse con ben altra finezza e spessore: basta visitare la sua villa a Tivoli e vedere quel che resta della biblioteca latina e di quella greca per comprenderlo o, più semplicemente, ammirare la raffinatezza delle statue che gli appartennero o soffermarsi dinanzi alle colonne che restano sotto all'Acropoli, ad Atene...
E' noto che in America si affrontano due weltanschauung: quella dei wasp (bianchi anglosassoni protestanti) per lo più repubblicani, comprensivi  delle posizioni becere dei sostenitori  dei tea party di cui era  rappresentante quella Sarah Palin, la governatrice dell'Alaska, candidata come vice-presidente contro Obama alle ultime elezioni americane, per certi versi, assimilabili alla nostra Lega, quanto a rozzezza di proposte e di linguaggio. Gente da televisione Fox, che non si riesce a vedere neppure due minuti, perché già il tratto, il modo  di esprimersi del presentatore, il linguaggio da bettola rinvia all'aspetto animalesco dell'uomo - animale razionale diceva Aristotele... - e quella dei democratici, non necessariamente tutti dei liberals ma consapevoli, almeno, che la proprietà privata, il benessere individuale non costituiscono il valore assoluto della vita: esistono altri beni, quali la convivenza, il rispetto degli altri, la solidarietà umana. I repubblicani in questione esprimono bene  quella mentalità di vita on the road, di cui, urbanisticamente, è perfetta espressione un agglomerato urbano allucinante, senza centro, come Los Angeles (altro che piazza medievale dove ci si incontra e si scambiano le idee, si negozia...). Una visione del mondo 'sulla strada' che incide profondamente nei rapporti umani: famiglia, lavoro, qualità dell'amicizia; tutto si fonda sul temporaneo e sul precario, fin  dai tempi della conquista del West, dove ogni tanto qualcuno cascava morto dai carri e non era la regola che la carovana  si fermasse a seppellirlo...; i processi erano sommari, gestiti da un giudice eletto a furor di popolo..., che decideva, per lo più, secondo le sue personali convinzioni: l'esito era spesso l'impiccagione. La proprietà privata 'precedeva' lo Stato nell'ordine dei valori, la volontà della maggioranza era la legge, senza tante costrizioni: molta violenza insieme a molte libertà individuali. Una violenza presente nella cultura quotidiana; per fare un esempio, se uno entra nel giardino non cintato di una casa privata ed il padrone gli dice “Freeze” (fermati) e l'intruso non sente e va avanti, il padrone di casa ha diritto di sparargli ed ammazzarlo e va assolto..., nell'assunto che l'intrusione possa costituire una potenziale minaccia alla sua incolumità: il fatto successe in Virginia alcuni anni fa e lo ricordo bene perché lo lessi sui giornali di Washington DC.
Nel dibattito americano, una sceneggiata politica in vista delle prossime elezioni presidenziali..., emerge però, anche in questa occasione, una  discussione tecnica che non chiarisce bene, come in molte altre occasioni, le scelte politiche sottostanti.
Volete un esempio?
Avete mai letto sui giornali le cause vere del disastro finanziario che ha scatenato forse la maggior crisi economica dalla fine della seconda guerra mondiale e che stiamo tuttora vivendo? Qualcuno  ha detto chiaramente come sia stata possibile una bolla finanziaria del genere che ha distrutto la vita e le speranze di milioni di persone?
Keynes diceva che un mercato senza regole non è un mercato ma una giungla. I grandi intermediari finanziari del mondo, principalmente le banche ma anche le compagnie di assicurazione, i fondi ecc. .., per lo più di matrice anglosassone, hanno operato indisturbati e sono riusciti a far sì che non si analizzasse veramente il cuore dei problemi  e vi si mettesse mano, Europa inclusa.
Abbiamo avuto le analisi macroeconomiche del Presidente della FSA, Lord Turner, considerate ormai come la bibbia... che non spiegano affatto le ragioni del disastro; non c'è stato nessuno che abbia individuato chiaramente come  sia stato possibile per i più grandi  intermediari del mondo (per inciso, gli stessi coinvolti nelle truffe Enron prima e Parmalat poi...) spacciare così a lungo i prodotti finanziari fraudolenti come  i c.d. sub-prime, senza che nessun controllore intervenisse. Perché, in molti Paesi chiave, nessuno ha verificato la sussistenza di adeguati  requisiti patrimoniali degli intermediari, il mancato rispetto dei quali ha favorito il fallimento dell'intero sistema bancario inglese, irlandese ecc...? (la ministra spagnola dell'economia ci ha annunciato, di recente, dopo l'esito degli stress-tests sulle banche, che in caso di crisi rilevante i requisiti patrimoniali delle banche non servono: è vero. Ma qual è la conclusione? E' inutile prevederli?).
In verità, c'è stata una precisa scelta politica: quella del lasciar fare l'industria finanziaria a spese dei risparmiatori, le pecore da tosare.

...negli Stati Uniti

Si cominciò con Clinton (non è che i democratici siano tutti delle mammolette...) che nominò a capo della SEC americana, fino ad allora molto rigorosa, Arthur Levitt, un milionario suo amico e finanziatore della campagna elettorale, che ebbe come approccio quello del controllo  light touch, insieme a Howard Davies (dimessosi di recente da Presidente della London School of Economics, a seguito dei soldi ricevuti dal figlio di Gheddafi per il dottorato...) della FSA nel Regno Unito che propugnava, sulla scia della Thatcher e poi di Blair la de-regulation o meglio la regolamentazione basata su principi e non su regole: gli intermediari dovevano decidere caso per caso come  attuare i 'principi', al loro buon cuore...; in pratica il mercato si doveva auto-regolamentare per raggiungere la miglior efficienza: si è visto come è andata... Contemporaneamente, alla Commodity Futures Trading Commission, che controlla il mercato dei prodotti derivati statunitensi, Chicago principalmente per intendersi..., che tanta parte hanno avuto nelle varie crisi, si decideva, con la presidente Brooksley Born, di disinteressarsi delle posizioni assunte dagli intermediari fuori mercato (over the counter), facendo finta di ignorare il peso  di questo segmento sui prezzi negoziati sul mercato. Un po’ come in Italia, prima che si introducesse l'obbligo di concentrazione (poi fatto abolire dalla direttiva Mifid, grazie agli inglesi e tedeschi...) delle transazioni sul mercato di borsa: sul mercato andava circa il 30/40% del volume totale delle transazioni ed il resto si faceva 'al buio', fuori mercato. Il ”Financial Times” scriveva giustamente: non investite sul mercato italiano perché è un mercato di 'insiders' (leggi , di imbroglioni), in quanto i prezzi che si pubblicano sul mercato non sono significativi rappresentando solo il 30% del totale delle transazioni. Pensate un po’ se il valore al mq del mercato immobiliare nel centro storico di Roma o Milano fosse determinato dal 30% delle transazioni effettuate in quella zona...
Poi venne Bush e i presidenti della SEC erano addirittura membri del Congresso (abbiamo imparato da lì anche noi?) o amici suoi che avevano il mandato  specifico di far sì che i controllori non disturbassero l'industria finanziaria; regnante al Tesoro era il 'mago' Alan Greenspan, che ampliava la liquidità a dismisura per mantenere la vita 'a prestito' degli americani (meriterebbe un processo, allo stesso titolo dei presidenti del Consiglio italiani che  hanno aumentato in modo demenziale il debito pubblico italiano, scaricandone le conseguenze sulle generazioni future, cioè noi, adesso...). Si fecero grandi proclami sui revisori contabili, dopo lo scandalo Enron, si soppresse  la Arthur Andersen (all'epoca il maggior consulente e revisore mondiale), si formularono  principi di revisione internazionali, d'indipendenza dei revisori, si  adottarono in Europa principi contabili internazionali, si votò in tutta fretta negli USA il Sarbanes Oxley Act... eppure, quando si trattò di verificare quel che avesse fatto Madoff, la SEC (i suoi ispettori...) fu del tutto inefficace se non  acquiescente: il cane da guardia dei mercati, il protettore degli investitori risultava un buon amico  dei profittatori. Da qui gli annunci di sfracelli di Obama, in campagna elettorale e l'imbarazzo dei repubblicani. Ma una volta eletto, il Presidente nominò a capo della SEC,  Mary Shapiro, molto amata dall'industria..., nella sua veste di vigilante del Nasdaq, già presidente della CFTC e commissaria SEC, creando, nel contempo, un nuovo organo federale per la protezione dei consumatori (il Presidente è stato appena nominato dopo due anni...) con duplicazioni di controlli rispetto a quelli posti in essere  dalla SEC stessa: una confusione.

...in Europa

Mica  si è operato meglio in Europa col Commissario del mercato interno, il francese Barnier, che è riuscito nell'impresa di far nominare come direttore esecutivo della nuova autorità di vigilanza sui mercati di borsa, ESMA, una inglese, tedesco-inglese, che viene da una cultura di bassa regolamentazione e vigilanza (il grande argomento inglese control'introduzione di maggiore regolamentazione è sempre quello che il mercato emigrerebbe su piazze meno controllate. E allora? I prodotti dove si vendono? Nelle isole caraibiche?).
Il Commissario in questione ha annunciato al mondo di voler controllare le Agenzie di rating, affidandone la vigilanza all'ESMA, che deve esser ancora a lungo rodata... (sia detto per inciso i nostri parlamentari della Commissione finanze della Camera sono così provinciali che hanno, secondo i giornali, denunciato le agenzie di rating all'ESMA per le valutazioni espresse sui titoli pubblici italiani... Le prove di un abuso di mercato, chi le raccoglie? La Consob che rappresenta l'Italia in un ruolo minore...nell'ESMA? su commissione del Parlamento...?).

...che fare?

Fino a che non si affronterà il toro per le corna e non si capirà che :
- i mercati finanziari che operano correttamente e che sono vigilati in modo efficace e tempestivo sono la condizione necessaria per consentire la raccolta di capitali senza cadere in una giungla;
- la concorrenza tra Stati, anche all'interno dell'UE, tra  paesi esportatori ed importatori di servizi finanziari rischia di vanificare le regole del gioco: si pensi al Lussemburgo che vive da parassita di arbitraggio regolamentare, 'di fatto', cioè nei controlli quotidiani..., ma anche altri Paesi esportatori di servizi come Austria (Banca Medici dice nulla?), Regno Unito... e, prima della caduta..., l'Irlanda;
- se non opera una efficace cooperazione internazionale costante e non sollecitata tra organi vigilanza, si possono continuare a perpetrare frodi o  creare un doping nel sistema per eludere le maglie strette della vigilanza di un singolo Paese: non solo opera il passaporto europeo nel settore finanziario ed il controllo del Paese di origine (prodotti come fondi comuni d'investimento oppure offerta di servizi d'investimento) ma esistono accordi in tal senso anche con Paesi al di fuori della UE, dove i controlli sono del tutto teorici (qualcuno conosce come operano i controllori dei mercati in Cina, India o Russia? o a Singapore?);
- bisogna esercitare pressione sui  centri off-shore (isole caraibiche, isole del canale, Svizzera, Gibilterra... Monaco, Liechtenstein, San Marino...ecc. Ricordo che un contadino del Liechtenstein era membro del consiglio di amministrazione di venticinquemila società...) che sono un vulnus nel sistema di connessione dei mercati internazionali e non solo per ciò che attiene al riciclaggio del denaro sporco o all'antiterrorismo o alle frodi fiscali ma anche alla mancanza di regolamentazione e di controlli dei vigilanti locali. Si pensi agli Hedge funds domiciliati in tutti i paesi off-shore che offrono servizi a residenti di Paesi non off-shore e che hanno tanta parte nelle crisi ricorrenti. Gli interessi a mantenere lo status quo sono stati fin qui preponderanti...;
- occorrono regole comuni poste in essere in ogni Paese per cui se in Italia si proibisce di vendere allo scoperto un titolo non deve esser consentito che lo stesso si possa tranquillamente a vendere a Londra, ad esempio...;
- il buon fine delle transazioni deve esser assicurato da organismi che rispondano a standards e  metodi di vigilanza internazionalmente accettati;
ecc.,ecc.
Un programma così dovrebbe esser posto in essere da chi? Leader in Europa sono la Merkel e Sarkozy, non certo chi ha a cuore la nipotina di Mubarak...; ma la prima è cresciuta in un paese dell'Est, dove la norma era una variabile nelle mani del capo di turno e l'arbitrio la regola...; il secondo è figlio di immigrati ungheresi che ancora deve capire che la Francia, essendo al cuore dell'Europa occidentale, se non svolge un ruolo di guida per tutti smarrisce la propria identità.